October 8, 2014 | Quote

Raid contro l’Isis poco efficaci. L’America prova ad accelerare

Quando il presidente Barack Obama ordina l’inizio dei raid sull’Iraq l’8 agosto aerei, droni e missili del Pentagono «colpiscono in gran parte blindati, tank, artiglieria e basi» osserva Jack Murphy, veterano del III battaglione di Rangers ora alla Columbia University di New York, «mentre hanno meno successo contro leader, centri di comando e controllo, e snodi logistici perché nessuno sa bene dove siano». È un esordio che consegna alla coalizione dei successi. «A Sinjar l’assedio alla minoranza yazidi viene rotto e le postazioni Isis attorno alla diga di Mosul e in altre località dell’Iraq vengono spazzate via» dice Jonathan Schanzer, ex analista di intelligence del ministero del Tesoro Usa, ma poi «Isis ha adottato le contromisure, evitando di spostare mezzi incolonnati e imbandierati, sparpagliando le unità, rendendosi meno visibile ai voli di ricognizione».

È il generale dell’Air Force Jeffrey Harrigan, titolare della pianificazione delle operazioni, ad ammettere che «nonostante i progressi compiuti, Isis resta combattiva» grazie a contromosse come «disperdersi per non costituire obiettivi visibili dall’alto». Ed a complicare le cose c’è «l’assenza di nostri team sul terreno per valutare l’impatto dei raid perché i partner iracheni e siriani non riescono a farlo». Dopo oltre 3800 missioni e circa 300 attacchi dunque «abbiamo reso più difficile a Isis operare e muoversi ma restano in grado di colpire, fare progressi e controllare territori». Per questo la campagna della coalizione «si dirige verso un passaggio cruciale – assicura Schanzer – trovare l’intesa con la Turchia affinché dia inizio all’intervento di terra».

Read full article here.

Issues:

Syria